lunedì 13 marzo 2017

«Teologia della liberazione» anno 1971

P. Paolo M. Siano

«Teologia della liberazione» anno 1971


           Quattro anni fa (2013) lessi in un articolo on-line: «Tra Vaticano e Teologia della Liberazione scoppia la pace. Dopo le condanne degli anni Ottanta, gli eccessi e le incomprensioni, la TDL ottiene piena cittadinanza nella Chiesa»[1].
            La notizia mi lasciò un po’ perplesso ma non ci badai troppo, preso com’ero da altre priorità.  Poi, uno o due anni dopo, mi capita tra le mani il libro «Teologia della liberazione. Prospettive», Queriniana, Brescia 1972, ossia la versione italiana di «Teologia de la liberacion. Perspectivas» (1971), il cui autore, P. Gustavo Gutierrez OP (vivente), è uno dei padri fondatori di quella “teologia”. Leggendolo mi sono convinto che le radici di quella Teologia della Liberazione (TdL) anno 1971, quella “delle origini” per intenderci, attingono non solo o non tanto da un certo filo-marxismo, quanto piuttosto da quella che oso definire GNOSI NEO-MODERNISTA. In queste poche righe espongo in modo schematico e sintetico quelli che ritengo gli elementi fondamentali di «Teologia della liberazione» anno 1971 (neretto mio), che citerò con la sigla TdL-1971. Non so se P. Gutierrez sostenga tuttora i punti che vengo a esporre. Mi interessa  piuttosto porre in rilievo che ancora oggi, a distanza di circa 40 anni, certi ambienti ecclesiali e teologici (non necessariamente della TdL) sembrano proprio ispirarsi a quei punti. Eccoli.    
 1)  Pregi incerti e apparenti.
È lodevole lo zelo dell’Autore e di tanti altri cristiani per la «liberazione» dell’America Latina dallo stato oggettivo di oppressione e sfruttamento, il loro anelito alla solidarietà con gli oppressi (p. 6). Nel libro si parla di: Gesù, redenzione, Vangelo, Regno di Dio, escatologia... Purtroppo queste bellissime parole sono inserite nel quadro di un’ermeneutica problematica, animata da princìpi e pregiudizi ideologici in antitesi con la sana metafisica, con il Dogma della Fede, con l’autentica Teologica cattolica e con la vita della Chiesa.
2) Maestri per la TdL-1971
Sono autori in distonia con la sana filosofia metafisica e con la teologia cattolica: Cartesio, Kant, Hegel, Marx, De Lubac («Surnaturel», 1947), Karl Rahner, Schillebeckx, Cox, Metz, il guerrigliero spretato P. Camillo Torres... (pp. 23-25, 36-37, 78-79, 256, 262).
3) Rottura col passato. Progressismo & “new age
Secondo la TdL-1971: «Diventa necessaria una revisione radicale di quello che è stata e che è attualmente la chiesa» (p. 248). La Chiesa deve uscire da un’ottica costantiniana ed «ecclesiocentrica», non deve ripiegarsi su stessa ritenendosi «il luogo esclusivo della salvezza» e «l’unica depositaria della verità religiosa»... Occorre una «rottura» da tale mentalità del passato preconciliare (pp. 252-256). Occorre «fiducia nel futuro»; l’uomo di oggi deve guardare a «l’uomo di domani»... Si sta entrando in «una nuova era»; si è in attesa di una «epifania dell’uomo» (p. 209)... La teologia dev’essere «teologia del futuro» per costruire un mondo migliore (pp. 24-25)... La TdL-1971 vuole «la creazione di un uomo nuovo» (pp. 144, 185, 210), uomini nuovi «all’altezza del nuovo mondo» che verrà (p. 145). Ma è necessaria «una rottura con le nostre categorie mentali» (p. 204), «una nuova coscienza ecclesiale» (p. 251), per liberarsi del tutto dalla «mentalità tradizionale», dall’«esclusivismo» dell’«Extra Ecclesia nulla salus» (pp. 59-61) e dal «narcisismo ecclesiastico» che cerca ancora condizioni favorevoli all’azione della Chiesa nel mondo (p. 62)...
4)  Teologia liquefatta tra criticismo, gnosi e immanenza
Accogliendo la “filosofia trascendentale” di Karl Rahner, la teologia è concepita (anche da TdL-1971) come una sistematica e permanente riflessione critica su se stessa, sui propri fondamenti, sulla Chiesa, sulla società (pp. 20-21). La teologia, per la TdL-1971, dev’essere finalizzata alla liberazione sociale, alla liberazione della Chiesa e dell’uomo dal «feticismo» dottrinale e dal «narcisismo» (p. 22), poiché (sempre secondo TdL-1971) una teologia legata a verità definite per sempre, diventa sterile (pp. 22-23)... Un Gesù ieratico, sacrale, teologico, trascendente, non è umano, non è storico, non è reale (p. 227)...
5)    Irreversibilità e positività della secolarizzazione e dell’apertura al mondo
La Chiesa deve prendere «coscienza del mondo» e nel mondo (pp. 258-260). «La chiesa è del mondo; in un certo senso, la chiesa è il mondo» (pp. 78-79). L’apertura al mondo è irreversibile (p. 273). Per rinnovarsi la Chiesa deve «convertirsi a questo mondo» (p. 258). Il primato spetta all’azione, all’esistenza cristiana, non alla dottrina o all’ortodossia... La Chiesa si è preoccupata per secoli «di formulare delle verità» invece di costruire «un mondo migliore»... La pastorale della chiesa non si deduce dalla dottrina o dalla teologia (p. 21)... La secolarizzazione antropocentrica (distacco dalla tutela religiosa e metafisica) è processo irreversibile che «favorisce una maggiore pienezza cristiana» (pp. 71-72) e «se prima si aveva la tendenza a vedere il mondo partendo dalla chiesa, oggi si nota quasi il fenomeno inverso: la chiesa è vista partendo dal mondo» (p. 72).
6)    «Antropocentrismo» & Gnosi
La teologia dipende dal divenire storico della Chiesa. La TdL-1971 si fonda sulla “svolta antropologica” di Karl Rahner (pp. 11.15-16) secondo cui ogni uomo, è già tempio di Dio, è già in grazia di Dio, dunque non esiste più l’uomo profano (pp. 189-191), e ogni  uomo è già salvo. Ogni uomo.  Nell’ottica rahneriana e della TdL-1971 cade «la distinzione dei piani»: Chiesa e mondo, chierico e laico, sacro e profano, naturale e soprannaturale... La distinzione, oggi, è ritenuta rigida, superata, priva di dinamismo... Così i confini tra i due termini «diventano più fluidi», per cui il soprannaturale e naturale si identificano, l’uno diviene l’altro... La grazia (soprannaturale) è già in ogni uomo, ogni uomo è già «segnato dalla grazia». Ecco allora il «cristianesimo anonimo»! Non ha più senso parlare di ‘fine soprannaturale’, ‘vocazione soprannaturale’. L’impegno (naturale) di liberazione socio-politica assume de facto valore (soprannaturale) salvifico, escatologico (pp. 63-80)... «Se l’umanità, se ogni uomo, è tempio vivo di Dio, allora incontriamo Dio nell’incontro con gli uomini, nell’impegno col divenire storico dell’umanità» (p. 191).
7) Peccato = ingiustizia sociale e povertà
Gutierrez sembra ridurre il «peccato» a «fatto sociale», a sfruttamento politico, economico e sociale dell’uomo e dei popoli. Combattere il peccato vuol dire lottare contro questo sfruttamento, realizzare «una liberazione politica» (pp. 180-181). I peccati individuali, anche se gravi, sembrano non avere alcuna importanza per la TdL-1971.
Gutierrez osserva che nella Chiesa si assiste a una più radicale testimonianza di povertà, specie in ambienti religiosi di nuova fondazione (p. 281). Eppure, secondo lui, vedere la povertà come un ideale positivo ed evangelico contraddice lo sforzo di eliminare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo... Secondo Gutierrez, la Bibbia condanna la povertà materiale (pp. 281-283)... Espressioni come “chiesa dei poveri”, usata da San Giovanni XXIII, hanno sapore paternalistico (p. 285)... Secondo Gutierrez la povertà cristiana deve consistere nella solidarietà coi poveri per lottare con essi contro la povertà, la miseria, l’ingiustizia (pp. 296-297). La conversione, nella spiritualità TdL-1971, è convertirsi all’uomo oppresso (p. 204).
8) Escatologia immanente
Nonostante le buone intenzioni conclamate dall’Autore, l’escatologia sembra de facto ridotta all’immanente, all’impegno di liberazione socio-politica. Sembra che i Novissimi non abbiano più senso né incidenza negli schemi della TdL-1971 (pp. 150, 170, 211-220). «Appare chiaro, oggi, che la finalità della chiesa non è di salvare nel senso di “assicurare il cielo”» (p. 251).
Una riflessione.
Concludo queste brevi note con una riflessione personale, ma credo condivisa anche da altri.
Gli ecclesiastici, i religiosi e i laici che in questi lunghi decenni hanno assimilato ben bene i princìpi TdL-1971 sopraesposti (tutti o in parte), non possono non augurarsi che noi Francescani dell’Immacolata (FI) di P. Manelli, Frati e Suore, agli antìpodi da una tale TdL (es.: in fatto di dogmatica, liturgia, marianità, spiritualità, vita consacrata, povertà comunitaria, apostolato...), veniamo “ri-formati”, ossia deformati (anzitutto nella forma mentis e nel nostro essere e agire come FI) e, de facto, progressivamente annientati.
L’Immacolata, novella Ester, protegga i Suoi figli devoti!




P. Paolo M. Siano

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